CONVINZIONI NELL'OMBRA
NON SOFFOCARE PARTI DI TE
La storia di Massimo.
Massimo ha conosciuto la sua attuale moglie da giovanissimo, e da giovanissimo decide di sposarsi, benché non innamorato, forse perché la sua infanzia molto travagliata lo porta a cercare di costruirsi una stabilità prima che sia maturo per compiere questo passo. Dopo pochi anni di matrimonio conosce Bianca, di cui si innamora follemente da subito. Oltre a una grande alchimia fisica, si rende conto che con Bianca ha un dialogo profondo, che con la moglie non è mai riuscito ad avere. I suoi rigidi principi morali gli fanno vivere questa situazione dilaniato dai sensi di colpa. La presenza di figli piccoli all’interno del matrimonio gli impedisce di prendere in considerazione la possibilità di separarsi dalla moglie. La sua vita diventa un vero inferno: alterna momenti in cui decide di essere fedele alla moglie, nei quali sente l’anima dilaniata dalla lontananza della donna che lui ama davvero, a momenti in cui invece si lascia andare al desiderio di vedere l’amata, con i conseguenti terribili sensi di colpa che scaturiscono dopo ogni incontro.
Massimo attribuisce la causa del suo problema a un tempismo sbagliato, che gli ha impedito di condividere la sua vita con Bianca fin da subito. Ma forse questa non è la lettura più corretta.
Massimo ha sempre vissuto con disagio i sentimenti. Positivista convinto, ha considerato le emozioni come elementi di disturbo, di intralcio alla sua vita quotidiana. Temendo che le emozioni potessero fargli perdere di vista i suoi obiettivi e i suoi valori, ha tentato di tenerle lontane dalla sua vita il più possibile. E ha cercato di reprimerle con tutte le sue forze.
Massimo ha sempre creduto che dare spazio al vissuto emotivo costituisse un pericolo: lì non ha il controllo, e invece lui è abituato ad averlo. Ma cercare di sopprimere le proprie emozioni, minimizzando, o addirittura negando, i propri bisogni emotivi, non può costituire una soluzione. Né tantomeno una protezione. Come poi la sua storia dimostra.
Le situazioni che viviamo all’esterno sono lo specchio del nostro vissuto interiore, se dentro di noi ci sarà una guerra questa sarà anche fuori. Se cercheremo di sopprimere parti di noi, potremo vincere solo delle battaglie. Ma la guerra la vinceranno le parti soffocate.
CHI STO INCOLPANDO DAVVERO?
La storia di Livia.
Livia incolpa il marito di essere un fallito, di non riuscire a fare carriera e di avere uno stipendio troppo basso e inadeguato alle esigenze della famiglia. Le loro discussioni ricorrenti su questo argomento minacciano gravemente la loro unione, ma Livia non riesce a trattenere la sua rabbia. Per lei il mondo è fatto di vincitori e vinti, “o si appartiene alla prima categoria o alla seconda”. E non perde occasione di sottolineare quante persone siano incapaci, ed entrino ad accrescere la vasta schiera dei ‘falliti’.
La realtà è che Livia stessa ha la convinzione di essere una fallita. In effetti, si sente profondamente insoddisfatta della sua vita e del suo operato, come si evince dalle sue parole: “Mi sono sposata troppo giovane e la maternità mi ha impedito di fare carriera”, afferma con la voce rotta dalle lacrime. “Avrei potuto fare molto di più se avessi fatto scelte diverse”.
Non sappiamo se ciò che dice Livia sia vero, non sappiamo cioè se davvero siano state le sue scelte a impedirle di realizzarsi, ma ciò che invece sappiamo con certezza è che lei proietta sul marito, e sugli altri in generale, questo suo sentirsi irrealizzata e ‘fallita’.
Quando insultiamo gli altri, o comunque li apostrofiamo in modo pesante, quasi sempre stiamo proiettando su di loro le nostre personali convinzioni e insoddisfazioni. Se questo sfogo ci potrà dare sollievo per qualche istante, subito dopo ci sentiremo peggio di prima, perché ogni proiezione non fa che confermare nell’inconscio le convinzioni limitanti che abbiamo su noi stessi.
Dobbiamo imparare a riconoscere le nostre proiezioni e a riappropriarcene se vogliamo liberarci delle convinzioni che ci sminuiscono. Ogni accusa che rivolgiamo alle altre persone è una silenziosa accusa verso noi stessi. Più difetti vedremo negli altri più avremo paura di averne noi, più ci scaglieremo contro le debolezze altrui, meno accetteremo le nostre. Tutto questo non avverrà a livello cosciente, per questo dobbiamo essere molto attenti se vogliamo liberarci delle convinzioni nascoste che ci limitano nell’esprimerci al meglio e sono responsabili della maggior parte delle nostre sensazioni di inadeguatezza. Riconoscere le nostre proiezioni e quelle altrui, smascherando nel contempo le convinzioni sottostanti, ci permette di cambiarle e di essere più liberi. Stiamo dunque attenti alle accuse che rivolgiamo agli altri perché ci parlano di noi.
VOLERE MA NON POTERE
La storia di Stefania.
Stefania non sopporta una sua collega perché dice che usa la seduzione per ottenere quello che vuole, mentre lei, che utilizza solo mezzi leciti, non ha gli stessi risultati. Naturalmente questa è la visione di Stefania, non è detto che in realtà le cose stiano proprio così, e che lei abbia difficoltà solo perché non usa gli stessi mezzi della collega, in ogni caso non è questo l’importante, ciò che invece ci interessa rilevare è la rabbia che questo atteggiamento della collega suscita in lei.
Indagando nella sua storia personale emerge che Stefania, in passato, ha fatto grande uso del suo potere seduttivo, manipolando diversi uomini a suo piacimento. Il fatto di non avere oggi la stessa presa per via dell’età avanzata, la fa sentire profondamente impotente. La sua è una sorta di invidia verso le possibilità della collega più giovane e attraente.
Quindi la convinzione che appare in superficie è: “La mia collega è scorretta”, mentre quella di fondo è la mancata accettazione di essere invecchiata e di non poter utilizzare più quegli stessi strumenti che lei condanna, ma che vorrebbe ancora avere. La sua vera convinzione al di là delle apparenze è: “Senza la possibilità di sedurre sono impotente”.
Finché non prendiamo coscienza della vera origine dei nostri problemi, non saremo neppure in grado di risolverli. La nostra ombra contiene una gran quantità di convinzioni limitanti: solo esplorandola potremo liberarcene e guarire le nostre dinamiche.
PROPRIO NON LO SOPPORTO?
La storia di Guido.
Guido non sopporta le persone aggressive, e quando qualcuno si rivolge a lui con un tono sopra le righe si sente in difficoltà, incapace di rispondere. Guido, al contrario, è sempre gentile e disponibile. Quando ci sono contrasti, lui è il mediatore per eccellenza, difficilmente litiga con qualcuno o si mostra in disaccordo. Questo atteggiamento potrebbe essere positivo se non fosse che Guido si nega la libertà di esprimersi apertamente con gli altri, il suo comportamento è frutto dell’immagine che lui vuole dare di sé: quella di una persona educata e gentile. Crede che se esprimesse la sua aggressività gli altri si allontanerebbero, per questo reprime la sua rabbia con forza. Quando però incontra qualcuno che, a differenza sua, non si fa problemi a manifestare la propria rabbia e si comporta in modo aggressivo, Guido entra in difficoltà e questo proprio perché lui non si permette di esprimere questi stessi aspetti.
La convinzione di superficie di Guido è: “Le persone aggressive sono spregevoli”, ma quella che invece si cela dietro a questa è: “Qualsiasi forma di aggressività mi è vietata”. Guido ha la convinzione che se si permettesse di essere aggressivo perderebbe l’amore delle persone care e rischierebbe di diventare inviso a tutti. Questa paura lo porta a reprimersi, e se è vero che esprimere troppo un’energia non è costruttivo, non lo è neppure esprimerla troppo poco.
L’energia aggressiva, se ben regolata, non ha nulla a che vedere con la violenza o con la mancanza di rispetto, ma è alla base della nostra capacità di raggiungere i nostri obiettivi, di essere determinati e assertivi, di rispettare e far rispettare i nostri spazi, e molto altro. Cercare di eliminarla dalla nostra vita è un vero errore da evitare assolutamente. Ciò che dobbiamo fare è invece bilanciarla.
Se dunque notiamo che ci sono delle emozioni che non ci permettiamo di vivere, dobbiamo correre ai ripari e restituire dignità e diritto di espressione anche a queste ultime, avendo cura di equilibrarle.
SE TI IRRITA PARLA DI TE
Spesso, quando una determinata caratteristica ci indispone è perché siamo polarizzati sulla caratteristica opposta e quindi abbiamo lo stesso squilibrio che vogliamo sfuggire, ma di segno contrario. Se, ad esempio, non sopporto l’aggressività, con ogni probabilità avrò difficoltà ad essere assertivo e mi sentirò poco efficace nella comunicazione.
Se mi infastidiscono le persone bugiarde, probabilmente non mi sarò permesso di avere uno spazio di pensiero e di azione privato, senza che questo mi faccia sentire in colpa, e mi sentirò in dovere di dire sempre tutto, di essere trasparente a tutti i costi, senza sceglierlo veramente. Se mi irritano le persone frivole, forse è perché sono diventato troppo pesante e non mi permetto di dare uno spazio equilibrato alla gioia e al divertimento. Se mi innervosiscono le persone impulsive, forse è perché tendo a tenere tutto sotto controllo e ad agire solo dopo aver ponderato ogni cosa nei singoli dettagli. Se non sopporto la pigrizia forse è perché non mi permetto di riposare neppure quando sento di averne bisogno, ecc.
Osservare che cosa ci infastidisce ed esaminare se siamo polarizzati sulla caratteristica opposta è una strada sicura che ci conduce al recupero delle nostre risorse smarrite. Le persone che maggiormente ci irritano, ci possono quindi aiutare a recuperare le nostre qualità, e, se sapremo guardare con umiltà quello che inconsapevolmente ci mostrano, ritroveremo un frammento della nostra libertà andato perduto, pronto per essere reintegrato.